Nodi
- Daniele Benussi
- 6 nov 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 11 gen 2024

Ieri notte ho sognato l'inferno: non era male. Tutto uno sfumacchiare di roba che ribolliva come i pentoloni di zuppa la domenica mattina del ristorante dove lavoravo e bestemmiavo di fatica a Londra. Mi sono svegliato alle quattro con addosso un freddo irreale e la pelle tutta tirata su se stessa, le coperte sparse a terra come mantelli di supereroi falliti, la vescica piena al punto che l'ho capito subito che a sto giro mi toccava proprio andare a svuotarla altrimenti c'era da esplodere prima dell'arrivo dell'alba. E così ho fatto.
Il primo piede che ho messo giù dal letto ha trovato subito la sua ciabatta lanosa e ho preso fiducia per qualche attimo, tanto che il secondo piede, il sinistro, pregustava già lo stesso felice destino, e invece piantandosi a terra ha trovato solo un pavimento gelido che pareva l'Antartide, così l'ho pestato un po' in giro a casaccio in cerca della sua di ciabatta, che però non ne ha voluto sapere proprio un cazzo di niente di farsi trovare e allora mi sono dovuto rassegnare ad alzarmi dal letto così, con un piede tutto avvolto dalla lana e l'altro nudo come mamma me l'ha fatto a fare i conti con l'inverno durante il tragitto dalla stanza al cesso che è stato molto più tragico del dovuto dato che con una gamba più su dell'altra camminavo un po' come Anchise fulminato da Zeus e un po' come un demente. Ma tant'è, l'acqua al pipistrello andava cambiata, e non è che si può star troppo lì a perdersi in cristoni quando la vescica minaccia di bombardare in giro, proprio no.
E poi cosa fai? La luce del cesso la accendi oppure no? Scelta mica facile... Se l'accendi gli occhi per 7/8 secondi diventano due prugne noberasco abbagliate da una luce che nemmeno il Buddha sotto il fico sacro, ma almeno centri il bersaglio. Se la tieni spenta conservi il briciolo di sonno che ti è rimasto in grembo, ma potresti pisciare davvero davvero ovunque.
Io ci ho creduto, ché tanto quando scappa in quella maniera il getto viaggia a velocità di furia deciso verso la meta e il rischio di sbersagliare si abbassa di un gran bel po'. E allora via, al buio le ultime zoppicate verso il tazzone bianco, teatro di epocali cacate e fenomenali spurgate gastriche ma devo dire anche di grandi riflessioni e intuizioni di cui sempre andrò orgoglioso.
Ed eccoci. Una mano al muro, l'altra al volante e inizia la festa della liberazione, col fumo che saliva e svaporava alto nell'aere e tutto un districarsi di nodi nel corpo e nell'anima, che pisciata!
E ce n'era proprio bisogno, che tanto la vita non è altro che un continuo affaccendarsi a sbrogliare nodi che chissà come ogni volta sembrano sciolti per sempre e invece loro ritrovano il sentiero e si riaggrovigliano e rinnovano la sfida.
Tornato a letto ho dato una sbirciata al telefono: le quattro e quattro. Sul materasso le cuffie e dentro le cuffie ancora Rino Gaetano che cantava la stessa canzone con cui tre ore prima avevo scelto di addormentarmi: "Se mai qualcuno capirààà... Sarà senz'altro un altro come meee". Un sorriso.
Poi ho raccolto da terra le coperte e me le sono rimesse addosso. Faceva già meno freddo.
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