Una mattina
- Daniele Benussi
- 1 ott 2021
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 9 gen 2024

Un'altra volta la sveglia non ha fatto in tempo a suonare: Fabio si è svegliato prima, molto prima. Fuori era ancora buio e gli unici rumori che si potevano sentire erano quelli di chi va a lavorare in anticipo sull'alba, piccole formichine indistruttibili sulle loro auto luccicanti.
Si è stiracchiato i polpacci e si è diretto verso il cesso, con due paglie e una scatoletta di fiammiferi.
Cagando e fumando sta pensando a Sofia, dolce Sofia. Le loro strade si sono divise da ormai cinque settimane. Dopo sei anni a stargli accanto lei gli ha confessato di aver bisogno di pensare di più a se stessa, che altrimenti la depressione avrebbe finito per divorare anche la sua di pancia. E allora fuori dalla casa di cura gli ha detto ciao Fabietto, anima mia, scusami, non ci riesco più. Piangeva, ma è riuscita a dirglielo. Fabio ha sentito il vuoto riaprirsi sotto le scarpe, e con lo sguardo sull'asfalto le ha detto ti capisco, grazie di tutto. Lei gli ha baciato la fronte e poi gli occhi, e si è costretta ad andarsene come chi non torna più indietro. Lui è rimasto lì, a tremolare nel parcheggio, solo come i disperati. Poi è rientrato facendo il conto delle persone che gli rimanevano: gli è bastata una mano sola.
Sara ha rimandato cinque sveglie, poi sbatacchiando il palmo della mano sullo schermo del telefono ha spento la sesta e si è alzata infreddolita. Il profumo della madre misto a quello del caffè invadevano già la casa, proprio come quando era bambina.
Il primo a parlarle è stato lo specchio, con la voce dei complessi. Lei gli ha fatto sì con la testa, poi si è diretta in cucina.
Cinque minuti più tardi ha fatto ritorno in camera e ha tirato fuori un'agenda bianca da sotto una pila di vestiti. L'ha aperta sulla pagina del 14 novembre e col massimo ordine ci ha scritto: "colazione: 2 fette integrali + marmellata: 67 calorie". Poi l'ha richiusa e rimessa via, e dopo un respiro profondo si è messa a pensare all'interrogazione di fisica.
Cinzia è già alla fermata e aspetta il solito bus con la massima dignità. Tra le mani ha un telefono che ogni trenta secondi sa come prendersi la sua attenzione. Niente di entusiasmante. Finché oltre allo schermo si illumina anche il suo sorriso. "Buona giornata principessa".
Bruno trascina le scarpe su un marciapiede, verso una casa che non ha più. Dentro la bocca sente solo l'alcool e tutto un impastarsi di roba densa. Addosso ha una giacca troppo leggera e in volto un paio di ossa che una volta non si vedevano.
Ma il bar ha già riaperto, e il bourbon non finirà mai. La solita sedia è ancora lì ad aspettarlo, insieme faranno arrivare un'altra sera. Maledetto il mondo, che andava troppo di corsa.
Josè imbusta le sue fatiche della notte con il massimo dell'attenzione. Ha le mani piene di farina, bianca e pura. Con l'arrivo del sole finirà un'altro dei suoi turni di lavoro e verrà il momento di lavarsi via la polvere di dosso e passare da casa per portare Juan e Jorge a scuola. Poi, finalmente, potrà dormire, ma solo dopo aver ringraziato una volta di più il dio dei narcotrafficanti: tra la sua stanza e il mondo non ci sono ancora delle sbarre.
In un angolo di mondo lontano dai suoi volti cari, Diego deglutisce nostalgie su una spiaggia color latte. Nel riflesso degli occhi ha un tramonto che esplode, fra le dita sempre la sua penna, con cui qualche anno prima avrebbe giurato di salvare il mondo. Chissà se aveva letto troppo dei cavalieri medievali e delle loro spade, però lo avrebbe giurato su tutto ciò che sentiva dentro: noi due, insieme, questo mondo lo rifacciamo da capo. Lei quel giorno aveva taciuto, e col silenzio di chi sa vedere lontano gli si era fatta piccola piccola sotto le braccia forti e vigorose.
E ora eccolì lì, qualche disincanto più tardi, soli ancora una volta a fare da vie respiratorie all'Amore, che si è rotto i coglioni di essere scambiato per rituale e ha voglia solo di respirare. Eccoli lì, i due pazzi, le due maschere d'ossigeno del dio che esiste anche se tanti fanno finta di non vederlo. Fermi e inglobati da un attimo di assoluta intuizione, col mare che grida forte la sua calma e il sole che piange sangue, a constatare come la vita non la si prenda. Mai. Lui tutto un fremito, lei che gli danza nella mano destra lasciando ad ogni passo un segno nero e ad ogni salto un vuoto bianco. Le due facce di una luna che non finiranno mai di esplorare.
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